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CANNES 2019: Dolor y Gloria

di Pedro Almodovar, con Antonio Banderas, Penelope Cruz, Asier Etxeandia, Leonardo Sbaraglia, Nora Navas, Julieta Serrano
SPAGNA 2019

Il noto regista Salvador Mallo – cioè Antonio Banderas, premio per la migliore interpretazione al Festival di Cannes 2019 – è afflitto da una sorta di stallo depressivo, tanto esistenziale quanto creativo. Solo il riavvicinamento con l'attore di un film passato che intende mettere in scena un testo teatrale abbandonato sul desktop di Salvador, e soprattutto l'incontro casuale con il suo primo amore, Federico, generano in lui un rinnovato gusto di vivere e creare che si esplica nei frequenti flashback di un'infanzia povera, ma autenticamente viva. È lì che Salvador può ritrovare la forza simbolica di una madre (Penelope Cruz) che aveva sempre creduto in lui.

Sono proprio questi continui richiami al passato che mi fanno associare il film a un Flat White, un caffè di ottima qualità su cui è poggiata una densa schiuma di latte. Il caffè rappresenta il presente di Salvador: aromaticamente ricco, ma apparentemente sbilanciato sull'amarezza (dei pensieri) e sull'acidità (della ribellione interiore, che lo porta a drogarsi pesantemente). Arriva però, in soccorso a tale complessità priva di dolcezze, la soffice schiuma di latte, simbolo di un passato che permette a Salvador di ricomporre i tasselli della sua identità. Se all'inizio, bevendo il Flat White, il liquido del caffè invade questa crema, a bevanda quasi ultimata è lei a prevalere in maniera persino eccessiva. Come nel film, tuttavia, è alla fine che si trova l'equilibrio: gli archi di latte e caffè ormai mescolati, sui bordi della tazza, rappresentano la suddetta pacificazione fra il dolore e la gloria, trasformando le amarezze e le acidità in pilastri di gusto capaci di sostenere quella dolce cremosità che, da sola, risulterebbe stucchevole.

Claudia Quaranta